La personalità può essere definita come l'insieme dei tratti e delle caratteristiche che determinano il modo in cui l'individuo sente, pensa e si comporta. Aspetti come valori, credenze, motivazioni, emozioni e attitudini si mescolano e danno forma al singolo individuo. Ma quand'è che si parla di disturbo di personalità?
Disturbo di personalità
Secondo Beck, i disturbi di personalità rappresentano un'estremizzazione di strategie di personalità che originariamente erano adattive. Man mano che gli individui avanzano nelle diverse fasi di vita, sono posti davanti a sfide, problemi e opportunità.
Quando le persone riescono a soddisfare i propri desideri, queste strategie vengono rinforzate; quando non ci riescono, segue il senso di fallimento e quindi non ricevono rinforzi.
Nel disturbo di personalità però questo non avviene; le strategie diventano infatti rigide, ipergeneralizzate e influenzano la vita dell'individuo, fino a compromettere il benessere e l'adattamento sociale.
Strategie
Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di strategie? Parliamo di comportamenti (guidati da schemi cognitivi) che noi mettiamo in atto ipoteticamente per raggiungere un obiettivo. Nei disturbi di personalità possiamo rilevare due tipi di strategie:
-internalizzanti: consistono nell'inibizione e nel controllo eccessivo;
-esternalizzanti: riflettono una mancanza di controllo sui comportamenti opportunistici ed espressivi (ad esempio impulsività e aggressività).
Schemi
Gli schemi rappresentano invece il modo in cui l'individuo interpreta ed elabora le informazioni che provengono dal mondo esterno e si compone di credenze.
Le credenze sono atteggiamenti, assunti e aspettative che possono esprimersi in:
-forma condizionale: associano significati agli eventi e sono spesso distorti (es. "se non mi hanno invitato alla cena, vuol dire che sono indesiderabile")
-forma non condizionale (es. "gli altri sono pericolosi", "sono una persona bisognosa d'aiuto").
Quando le credenze condizionali attribuiscono un certo significato agli eventi, subentrano le autoistruzioni che danno l'impulso ad attuare una nuova strategia. Facciamo un esempio per capirlo meglio.
Notiamo un anziano in piedi in treno.
Credenza condizionale: "Se voglio essere un bravo ragazzo, devo essere cortese con le persone anziane"....
Autoistruzione: "Devo alzarmi e lasciarle il posto".
Nei disturbi di personalità sia gli schemi, sia le strategie, sono rigidi ed ipergeneralizzati. Ciò rende molto difficoltoso il funzionamento quotidiano di queste persone.
Quali sono i disturbi di personalità?
Per porre una diagnosi, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5) richiede che la persona mostri un pattern di comportamenti e stati interni, rintracciabile già in adolescenza o nella prima età adulta, che si è stabilizzata nel tempo, si presenta in maniera rigida in varie situazioni e contesti e provoca disagio.
Questo pattern devia marcatamente dalle aspettative della cultura dell'individuo.
Il DSM-5 riconosce dieci tipologie di disturbi di personalità, divise in tre raggruppamenti:
GRUPPO A: disturbo di personalità paranoide, disturbo di personalità schizoide, disturbo di personalità schizotipico;
GRUPPO B:disturbo di personalità antisociale, disturbo di personalità borderline, disturbo di personalità narcisistica, disturbo di personalità istrionico;
GRUPPO C: disturbo di personalità evitante, disturbo di personalità dipendente, disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.
Trattare i disturbi di personalità.
Dalle linee guida internazionali (vedi APA div12; NIMH; NICE) i trattamenti maggiormente efficaci per il trattamento dei disturbi di personalità sono questi sotto elencati:
Ovviamente è necessaria la presa in carico di un equipe che possa seguire la persona anche sotto il punto di vista farmacologico.
Le informazioni contenute nel sito non vanno usate come strumento di autodiagnosi e/o autoterapia. La visita psicologica rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento.
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